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216 | libro terzo |
Torino e Pinerolo; e che la rimanente strada per oltramonti si facesse pel paese del Delfino, finché fosse di nuovo sicura e restituita alla primiera condizione la via di vai di Susa. Il che vuol dire che i mercatanti e i viaggiatori dovean recarsi per la valle della Perosa ed il colle di Sestrières al Monginevra.
Due volte all’anno, per lo spazio d’un mese, a proprie spese, spedisse al servizio de’ Torinesi venti cavalieri e mille fanti, ovvero cinquanta cavalieri co’ cavalli armati a piacimento de’ Torinesi. E di qui s’impara che trenta cavalieri a cavallo, col cavallo armato, si credeano equivalere ad una forza di mille fanti. 3 I fanti aveano lancia, scudo e cervelliera. I cavalieri all’incontro erano, com’ è noto, da capo a’piedi coperti di fino acciaio con lancia e mazza e spada. E oltre a ciò avea ciascun cavaliere almeno due scudieri, o uno scudiere ed un paggio, che lo servivano e lo soccorrevano.
Continuava il trattato così:
Non farebbe il Delfino lega nè amicizia col conte di Savoia, nè col conte di Provenza (genero del conte di Savoia), nè con altri in Lombardia, senza licenza di detti comuni, nè contrarrebbe con essi matrimonio o parentado.
Riceverebbe nella lega, così piacendo a’ Torinesi, i Vercellesi, Alessandrini, Milanesi ed altri della lega Lombarda.