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208 | libro terzo |
che sotto lo stesso vessillo avean giurato amore e fede alla libertà, alla patria. E nondimeno piacevansi di quella vita dura, agitatissima i forti petti de’ nostri maggiori, ne’ quali, venuto meno il puro culto di libertà, sottentró la cupidità del comando e la sete della vendetta.
La città di Torino durò nell’intiera indipendenza fin dopo la metà del secolo xiii a cui siam pervenuti. Diremo brevemente con quali successi.
Arrigo vi imperatore era morto nel 1197, lasciando un unico figliuolo bambino, d’anni quattro, chiamato Federigo Roggero, poi così famoso sotto al nome di Federigo ii. La sua troppa fanciullezza lo impedì allora di succedere al padre nella dignità imperiale, onde si rimase nel suo regno di Sicilia sotto la protezione del papa, e fu invece sua eletto imperatore Filippo, duca di Svevia, suo zio.
Spiacque la scelta ad Innocenzo iii, pontefice di vasta mente e di gran cuore, e però non fu lento a suscitargli un competitore nella persona d’Ottone di Sassonia, il quale trovò favore presso ad alcuni elettori ed altri principi aderenti del papa. Ma la sorte dell’armi fu propizia a Filippo, ed Ottone già balenava, quando un sicario uccise quel principe vittorioso in Bamberga addì 22 di giugno 1208. Allora nulla più s’oppose ai disegni d’Ottone iv, che tutti riconobbero per legittimo imperadore, e che fu incoronato senza contrasto dal papa.