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capo secondo | 203 |
guasti e di depredazioni, in cui ogni frotta di genti agiva di suo capo e procurava di far al nemico il maggior male possibile, e soprattutto di non tornare a casa vuota; guerra insomma di brevi e rinnovate incursioni, nobilitata da qualche raro assedio, da qualche più rara zuffa campale; guerra di pochi contra pochi; guerra, per così dire, in miniatura, conveniente a quelle miniature di Stati e di nazioni.
A quetar que’ contrasti che disturbavano, se non altro, il commercio, giungevano gli ambasciadori d’Asti e di Vercelli, nelle mani de’ quali giuravano i contendenti d’acquetarsi al lodo che pronunzierebbero i podestà di Vercelli e d’Asti. Reggeano tale ufficio in sull’aprirsi de) 1200 Nicolò Visdonno ed Airoldo del Foro, i quali, chiamati a parlamento ne’ campi di Mairano i principali delle credenze di Torino, Chieri e Testona, insieme con Jacopo Vialardi podestà di Torino, Rolando Borgognino podestà di Chieri, Jacopo Pallio podestà di Testona e col vescovo, statuirono: le parti si rimettessero reciprocamente danni ed offese;
Il vescovo ed i Torinesi rinunziassero al comune di Chieri la castellata di Montosolo, vale a dire il territorio dipendente da quel castello, sul quale il vescovo non conservasse maggiori diritti di quelli che avea conservato su Chieri;
Promettesse con giuramento il castellano di Montosolo di aiutar i Cheriesi, ai quali fosse lecito in caso di pericolo di ricoverarsi in quel castello;