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200 | libro terzo |
le prerogative state dal Barbarossa concedute al suo predecessore. Trasferito poi Milone al seggio arcivescovil di Milano nel 1188, e surrogatogli nella cattedra torinese Arduino di Valperga, questi, come avviene de’ nuovi in ufficio che si credon tenuti a vincer di zelo i loro predecessori, e meglio farebbero a vincerli di prudenza, cominciò a muover pretensioni, a far novità, ad inquietare gli ufficiali del comune. Ma non erano i rettori de’ comuni d’Italia, dopo la pace di Costanza massimamente, uomini da lasciarsi svolgere collo spauracchio d’un monogramma imperiale, o con altre autorità o paure; Erano ben risoluti d’avanzare nell’opera della indipendenza, non d’arrestarsi, mollo meno d’indietreggiare.
Levalo rumore nell’anno 1191, vennero alle mani i Torinesi co’ loro aiuti da una parte, il vescovo co’ molti suoi vassalli dall’altra. Quante zuffe e quali seguissero, noi sappiamo. Il fine si fu che il vescovo rimase prigione de’ Torinesi, e che Ardizzone di Piossasco, uno de’ principali suoi vassalli, chiamato a soccorrerlo, stette duro e non venne, perlocchè fu condannato come sleale al suo signore in 500 marchi d’argento.
A quetar queste civili discordie s’intromise Tommaso di Nono, messo o legato dell’imperatore, che era Arrigo vi figliuolo di Barbarossa.
Due trattati del mese di luglio 1195 mostrano come le sorti della guerra ed il favor imperiale non