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capo secondo | 199 |
Ha solamente che nel 1176 si confederarono co’ marchési di Romagnano, stirpe antica e potente che poi fiorì ne’ primi seggi della repubblica e della monarchia. I patti furono che l’una parte dovea sal vare e difendere all’altra le persone, i beni, i diritti e le buone usanze contra tutti, eccettualo l’imparatore ed i suoi messi, il conte di Savoia ed i suoi messi, ed eccettuati gli altri signori che hanno. Dalle quali parole intendiamo che Umberto iii avea ripigliato o conservato qualche parte di signoria nella città; e che del vescovo non si giudicò neppure di fare espressa memoria.
Se i Cheriesi offendessero i cittadini od i marchesi, nè volessero fare ammenda, si facesse guerra ai Cheriesi.
I Torinesi farebbero due volte all’anno esercito in favor de’ marchesi, e starebbero a loro posta in arme quindici giorni tanto colle proprie loro forze, che colle genti a loro soldo;
Il medesimo obbligo avrebbero i marchesi.
Nè i marchesi, nè i consoli ed il comune di Torino potrebbero cominciar guerra senza il consiglio dell’altra parte.
Tali patti doveano rinnovarsi e giurarsi ogni cinque anni.5
Così per via di leghe cominciava a batter l’ali la libertà de’ Torinesi, ai quali pare non desse gran fastidio il vescovo Milone di Cardano per voler usare