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184 libro terzo

del comune e della libertà; aveano, secondo i luo­ghi, maggiore o minor larghezza, e riguardavano per lo più la ragione che avea l’universalità de’ cittadini di possedere beni e pascoli comuni, di fortificarsi e d’obbligare i singoli cittadini a concorrere nelle spese necessarie alla pulizia della città; e la ragione ne’ privati di possedere con proprietà piena, vale a dire in allodio, e di prescrivere questa proprietà col possesso; in certi luoghi anche il diritto alle fem­ mine di far contralti e commercio senza il bisogno d’autorizzazione.

Queste buone usanze erano state, come abbiam detto, principio e fondamento di libertà; ed erano antiche tanto, che «rana fatica sarebbe rintracciarne l’origine; imperocché fu varia secondo i luoghi; e indotta parte dalla forza delle cose contro cui si elide ogni strettezza di dispotismo, parte per lunga industria de’ vinti e tacila tolleranza de’ vincitori, parte ancora conservata fin dai tempi Romani.

E postochè abbiam parlato della libertà che fin dai tempi d’Arrigo iv godevano i Torinesi, conviene prima di tutto che per noi si definisca ciò che al­lora s’intendeva, usando questo vocabolo di così dub­bia e pericolosa significazione.

Comincieremo dal notare che a quel vasto rivol­gimento politico che invece di città e di terre col­pite da uniforme servaggio, come la generalità degli individui, seminò di comuni il mondo dall’ultima Gade