Pagina:Storia di torino v1 cibrario 1846.djvu/175


capo settimo 167


Giova ancora notarlo, chi assegna la formazione de’ comuni alla seconda, metà del secolo xi, non accenna che l’ultimo atto del dramma che da due secoli all’incirca s’andava rappresentando.

Nel 1052 spegnevasi al di là dell’Alpi l’inutil vita di Rodolfo iii, detto l’Ignavo, ultimo re di Bor­gogna. Di questo coronato fantoccio ben si può dire che regnava, ma non governava, poiché i grandi del suo Stato, già assicurali ne’ possessi de’ loro eredi­tarii dominii, non gli lasciavano col titolo regio che un’ombra d’autorità. Designato a raccoglierne la successione era Corrado il Salico, imperatore, il quale nel 1054 vi si recò con un esercito di Te­deschi. Un altro esercito d’Italiani andò a raggiun­gerlo passando per vai d’Aosta. Tre principi illustri ne aveano il comando. Umberto dalle bianche mani, conte d’Aosta e d’altri contadi in Borgogna; Eriberto, arcivescovo di Milano; Bonifazio, duca di Toscana. Corrado superò Oddone di Sciampagna che gli contendea quel regno; ma della succession di Rodolfo raccolse solo quel tanto che Rodolfo avea posseduto, e gli potea lasciare il nome regio. Del rimanente, da quel punto l’indipendenza dei varii Stati che s’erano formati in quella monarchia, da lungo tempo sfasciata e cadente, fu sicura e senza limiti. E tra quelli Stati era principale, perchè occupava i passi d’Italia e crebbe ad alti destini lo Stato di Savoia.

Tornava Eriberto da quell’impresa poco degna di