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166 | libro secondo |
dispensava ai militi o nobili i beni della badia, creandosi così nuovi vassalli, e mostrando di non curarsi dell’imperatore, nè de’ suoi ministri, seguitando in ciò forse il vezzo Arduiniano.
Corrado per corregger quel male ne fece Un altro maggiore, dando quella badia in commenda ad Alberigo, vescovo di Como; mezzo sicuro di spolparla e di rovinar sempre più l’osservanza della regolar disciplina. Quando Alberigo occupò la badia, i monaci fuggirono, portando seco il tesoro, e Odilone riparò al monastero di Sant’Andrea di Torino. Venne pure in questa città Alberigo, e fece istanza ad Odelrico Manfredi, gli desse nelle mani l’abate. Manfredi temendo forse di spiacere all’imperatore, ove desse un rifiuto, fe’ di notte celatamente pigliar Odilone; ma la mattina seguente intesa dal popolo quella violenza, tutti i cittadini insiem raccolti tentarono di liberarlo a viva forza. Ma non riuscirono nel pietoso intento, perchè il marchese era ben provveduto, ed uscendo con folto stuolo d’armati, costrinse il popolo a ritirarsi. Ed ecco un altro indizio non dubbio che quel popolo stesso che meglio di cent’anni prima combatteva col proprio vescovo Ammulo, e lo costringeva a star fuori della sua residenza tre anni, quindi doveva avere un ordina mento, e capi; ordinamento e capi aveva pure nel 1031, e mostravasi insofferente d’ogni atto che avesse sembianza d’oppressione.6