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164 libro secondo

approvarono tutte le donazioni che servi od uomini liberi fossero per fare al monastero per quanto stendeasi la loro autorità ne contadi di Torino, Vercelli, Ivrea, Asti, Alba, Acqui, Albenga, Ventimiglia, Parma, Piacenza e Pavia; il che non significa certo ch’essi possedessero tutti questi comitati, ma che in tutti ritenessero vaste possessioni allodiali con sufficiente dotazione di servi per coltivarli, ed anche d’uomini liberi che li teneano a titolo di feudo o beneficio; epperò si trovavano nella giurisdizione del signor diretto.

I doni fatti da Gezone e da Landolfo al monastero di S. Solutore, non sono i primi documenti che at­testino ne’ vescovi di Torino la signoria di castella e di villaggi. Già Amizone, figliuolo del marchese Arduino Glabrione, ed immediato predecessore di Gezone, aveva ottenuto dall’imperatore Ottone in un diploma con cui raffermava alla chiesa di S. Giovanni Battista, titolo del suo vescovado, tutti i beni mobili ed immobili posseduti, e fra gli altri le terre ed i villaggi di Chieri, Canova, Celle, Testona, Rivoli, Flavignasco, il castello di S. Raffaele, Ruffia, Solaro, Carignano, Pinerolo, Piobesi, Fenis, Arignano.5 Molto importanti a quel tempo erano, siccome è noto, Chieri, Pinerolo, Testona, Rivoli e Carignano, che vengono nominativamente confermate al vescovado di Torino, segno di possesso già antico. Ned erano le terre ed i villaggi nominati nel diploma i soli