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capo quarto | 139 |
Intanto le ingiustizie, le estorsioni, le dissolutezze del re Ugo gli alienavano sempre più l’animo degli Italiani. Berengario ne aveva diligenti informazioni; e quando giudicò esser venuto il tempo d’operare, mandò un nobilissimo suo vassallo, chiamato Amedeo, in Italia a considerar gli umori de’ grandi e dei po poli, e ad assaggiarne le disposizioni.
Venne Amedeo travestito da pellegrino, considerò ogni cosa, entrò in discorso co’ principali della nazione, conobbe esser nel cuor d’ogni uomo pari l’odio al disprezzo contro al tiranno provenzale; rinfocò quelle ire, die’ speranze, mostrò al di là dell’Alpi preparato il liberatore, s’aprì più svelatamente con pochi di cui si polea fidare, e dispose tutti gli animi in favor di Berengario, principe giusto, principe valoroso, principe italiano. Ugo seppe che un agente di Berengario percorreva l’Italia, e tese tutte le sue reti per pigliarlo. Amedeo se ne rise. Mutava ad ogni ora abito, barba, capelli, età e sembiante. Osò perfino sotto menti le spoglie presentarsi ad Ugo; e quando ebbe compiuto a suo grand’agio ogni suo intento, schivò le insidie che Ugo aveva appostate ai passi dell’Alpi, e tornò sano e salvo al suo signore in Germania.
Scese Berengario nel 945 per Trento in Italia con non molto esercito. E quasi senza combattere entrò in Milano, tirando con molte proferte al suo partito anche i più caldi partigiani del re Ugo. In quanto