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capo terzo 127


Non cessò Berengario d’aver un gran seguito d’uomini prodi e di fede inconcussa; onde il 29 di luglio del 925 potè con un fiorito esercito scontrarsi col re Borgognone a Firenzuola, e dopo, ostinata battaglia già davano volta i Rodolfini, quando so­praggiunto a rinfrescar la battaglia il conte Bonifazio, cognato di Rodolfo, le cose mutarono aspetto, e Be­rengario fu vinto.

Allora questo principe, che per lo innanzi avea dato prove di grandezza d’animo singolare, s’appigliò al disperato partito di chiamar in sua difesa quegli Ungari stessi che aveano tante volle desolata spie­tatamente l’Italia. Vennero e commisero orrènde stragi, saccheggiarono ed arsero Pavia, ed in mezzo appunto a quel sangue, a quelle fiamme che doveano lacerargli il cuore, l’imperator Berengario fu da’ suoi seguaci medesimi trucidalo. Gli Ungheri, ricchi di bottino, si trasferirono poscia per le Alpi Torinesi in Francia, dove Rodolfo, che là si trovava, li inseguì con gran furia, e molti ne mise a morte.

Ma l’anno seguente l’Italia sfuggì di mano anche a Rodolfo. L’arcivescovo di Milano, ed altri grandi del regno per le mene massimamente d’Ermengarda, sorella d’Ugo, duca di Provenza, e moglie d’Adalberto marchese d’Ivrea, cominciarono a trattare di dar la corona ad Ugo; Rodolfo mandò suo suocero Burcardo, duca dell’Alemagna, uomo dispotico e feroce, per tener in freno gli Italiani, e costrur, bisognando,