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114 | libro secondo |
virtù, profondato in deplorabili errori, fu il famoso eretico iconoclasta, che, sotto pretesto di spiritualizzar la religione, vietava si rendesse onore alla croce, alle sacre imagini, alle reliquie de’ santi, condannando un rito antichissimo della Chiesa, un cullo che non si riferisce già alla materia, ma per mezzo di quel segno od emblema s’indirizza alla maestà divina.
Era Claudio di nazione spagnuolo, discepolo di Felice, vescovo d’Urgel, ed avea scritto gran numero di commenti sopra la Bibbia. Il suo sapere l’avea fatto eleggere cappellano del sacro palazzo, ed era stato eziandio chiamato a regger le scuole che Carlomagno vi avea stabilite. Ludovico, imperatore, lo aveva eletto vescovo di Torino, non si sa bene in qual anno. Ma in questa sede, invece di spargere il lume della fede, e d’inculcar l’osservanza de’ divini precetti, diffuse, come abbiam detto, l’eresia degli iconoclasti, che desolava la Chiesa d’Oriente. Confutato vittoriosamente dall’abate Teodimiro, dal monaco Dungallo, da Giona vescovo d’Orleans, condannato dalia Chiesa, quel pertinace, chiamando congregazione d’asini il concilio in cui s’esaminarono le sue perverse dottrine, non volle ricredersi, e morì impenitente.
I Valdesi ed i protestanti, che sono in religione famiglie nove, e come tutte le famiglie nove vogliono ad ogni costo illustri antenati, cercano di risalire al vescovo Claudio. Ma questi non diè nome ad una