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capo secondo | 111 |
Addì 8 di maggio teneva Ratberto il suo placito nel villaggio di Cantenasco (forse Cercenasco), ed erano con esso il vescovo Claudio, un vasso ed un cappellano dell’imperatore, tre scabini e sette vassi di esso Ratberto, uno de’ quali era gastaldo, cioè amministratore de’ beni demaniali, e quattro sculdascii o centenarii, cioè giudici rurali di cento famiglie. Tre altre persone vi sono nominate, ed erano a parer mio, gli scabini del vico Cantenasco, dove si teneva il placito.
Rinnovarono gli uomini d’Oulx la loro proposta. Ma Ghiselberto, assistito da due monaci rispondeva; Non è vero quello che dite che noi contra le leggi vi vogliam servi; tali vi vogliamo perchè i vostri avi, genitori e parenti appartenevano ad Unnone, figliuolo di Dionisio, il quale donò ogni suo avere al nostro monastero di S. Pietro. Anzi abbiamo un giudicato, dal quale apparisce che i vostri genitori o progenitori ebbero contesa sopra di ciò con Unnone e col monastero. Presentavano allora il giudicato, dal quale si vedea che gli uomini d’Oulx ivi nominati aveano chiamato in giudicio Unnone ed il monastero della Novalesa innanzi a Viberto ed Ardione, messi del re Carlo (Carlomagno, epperò prima dell’ottocento), in presenza del vescovo Andrea (vescovo di Torino), e degli scabini ivi nominati, ed aveano prodotto una carta di libertà data a loro favore da Dionisio, padre d’Unnone, affermando che Unnone ed i monaci non