fatale ai re poltroni, ma, procedendo a nuova division dell’imperio, lo spartì non in ducali, ma in comitati; essendo il titolo di conte di minor dignità, e apertamente indicativo di dipendenza. E fu provveduto anche alla minor estensione dei comitati. Certo quella nuova circoscrizione universal dell’imperio fu opera civilizzatrice e prova di grande scienza di governo. Ma in uno Stato così vasto, e composto d’elementi eterogenei, non poteano osservarsi ordini stretti, non potea la vigilanza del principe porgersi ad ogni emergente che necessitasse il suo intervento, conveniva per minor male lasciar molto all’arbitrio, molto alla discrezione del delegato locale. Finché tenne lo scettro un gran principe, come Carlomagno, il suo nome fatto reverendo da tante vittorie, dall’unzion pontificia, dal nuovo titolo imperiale, dall’efficacia de’ suoi voleri, da molte prove d’un giusto rigore e d’una straordinaria attività, dalle buone leggi promulgate, lo rendea si può dire presente in ogni luogo. Ma di fatto poi, mancato ch’ei fu di vita, diviso lo Stato tra più successori di piccola mente o di picciol cuore, si toccò presto con mano che Carlomagno non avea quasi fatt’ altro che mutar i nomi delle cose e ritardar l’usurpazione, ma che non avea potuto impedirla. Si chiamassero conti, o si chiamassero duchi, eran pur sempre capitani e giudici ne’ loro distretti. Vero è che due sorta di giudici mostravansi sopra di loro. Il conte del sacro palazzo, il quale sentenziava