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del duca; ed acciocchè non rimanesse nulla da bramare, v’erano persino cinquecento paia di cani da caccia, v’erano sparvieri, falconi, trombettieri, musici, istrioni. Tale fu il fasto di quel memorando viaggio, che doveva recare incomodo ed ai sudditi del viaggiatore ed agli ospiti. Questa superba comitiva nell’accostarsi a Firenze venne accolta con somma festa e onore da quel senato. I nobili e i primari della città si affacciarono i primi: indi molte compagnie di giovani in varie fogge uscirono ad incontrare il duca; poi comparvero le matrone; poi le giovani pulcelle, cantando versi in laude de lo excellentissimo principe, dice il Corio. Indi, accostandosi alla città, ricevettero gli ossequi de’ magistrati; finalmente gli accolse il senato, che presentò al duca le chiavi della città. Entrò il duca con una sorta di trionfo, e venne collocato nel palazzo di Pietro dei Medici, figlio di Cosimo. Non accadde altra cosa degna d’essere raccontata; basti osservare che non poteva verun altro monarca essere onorato di più di quello che furono Galeazzo e la Bona in Firenze. Da Firenze passarono questi principi a Lucca; ove vennero accolti con somma pompa: anzi vollero i Lucchesi perfino aprire una nuova porta nelle mura della loro città, onde trasmettere ai tempi a venire memoria di questo magnifico ingresso. Da Genova poi ritornarono Galeazzo e la Bona a Milano. Oggidì, che i sovrani hanno nelle mani il potere per mezzo della milizia stabilmente stipendiata, non si curano più di abbagliare i popoli.

(1472) Poichè ritornò dal viaggio, il duca pensò a dare una moglie al di lui figlio primogenito Giovanni Galeazzo, bambino ancora di quattro anni. Questa fu Isabella d’Aragona, figlia del duca di Calabria