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in Milano ad altri usi, come si prova da memorie conservate ne’ registri della Città. Così nello spazio di sedici anni, in mezzo a guerre continue, malgrado la devastatrice pestilenza, la quale cominciò appunto colla di lui signoria l’anno 1450, e in Milano estinse trentamila abitatori, Francesco Sforza ci lasciò un canale navigabile, un grandioso e ricco spedale, due magnifiche fabbriche, il castello e la corte ducale, e le vie della città riattate.
Questi sono i pubblici monumenti che ci rimangono del nostro buon duca Francesco Sforza; ma la storia ci ha conservato de’ tratti di lui, che più intimamente ancora ci palesano la di lui anima. Il Corio ce lo rappresenta così: Fu questo principe liberalissimo, pieno de humanitate, e mai veruno di mala voglia se partiva da lui; e singolarmente honorava li homini virtuosi e docti: contra gli homini semplici non exercitava alcuna inimicizia. Ma haveva in summo hodio li versuti e maliciosi. In nissuno fu maggiore observantia di fede: amò sempre la justizia e fu amatore de la religione: Ebbe eloquenza naturale, e nulla extimava gli astrologhi.