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rialzare la demolita fortezza. Si fecero le adunanze del popolo in ciascuna parrocchia per deliberare su tale richiesta. La storia ci ha conservato un discorso tenuto in tale occasione da Giorgio Piatto, allora celebre giureconsulto. Egli era nell’adunanza della parrocchia di San Giorgio al Palazzo1. Questi parlò così: “Se il virtuosissimo principe Francesco Sforza fosse immortale, come immortale ne sarà la sua gloria, io il primo fra i cittadini milanesi vorrei caricare sulle mie spalle le pietre e portarle al sito ove si propone d’innalzare il castello. Una fortezza sotto il felice governo d’un così provvido sovrano serve a ornamento della città, a tutela e sicurezza di ciascuno di noi. Ma, cittadini miei, verrà quel giorno in cui il nobilissimo duca Francesco piegherà sotto la universal condizione. I sovrani sono soggetti al destino dell’umanità; muoiono, e dopo un principe umano, benefico, provvido, siamo noi certi che vi succeda un altro principe erede di sue virtù? Una ròcca inespugnabile, che, torreggiando sulle case nostre, può incendiarle e distruggerle, in potere di un malvagio principe, lo rende arbitro assoluto di noi, di tutto il nostro. Appiattato in quel forte qual limite aver potranno le violenze, le estorsioni, la tirannia? Se innalziamo quella fortezza, noi imponiamo al collo de’ nostri discendenti, come a tanti buoi, il giogo della servitù. I nostri figli malediranno un giorno noi, la nostra spensieratezza, la cecità nostra. Noi decretiamo la sciagura della patria, e rendiamo i nomi nostri esecrandi a’ nostri discendenti. Che bisogno ha mai

  1. In que’ contorni trovasi una via che oggidì pure conserva il nome de’ Piatti.