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erano considerati come buffoni del popolo. Il consiglio generale era stato composto da essi, scegliendo maliziosamente ad arte uomini inetti o del partito. Per dare apparenza al popolo che si vegliava al bene della città, i rettori fecero radunare il consiglio generale nella demolita chiesa di Santa Maria della Scala. Pietro Cotta e Cristoforo Pagani erano sulla strada in quel contorno: cominciarono questi a mormorare cogli astanti sulla spensierata condotta de’ rettori e sulla dappocaggine de’ consiglieri. A misura che passavano i cittadini, si trattenevano; e cominciò a formarsi un’unione di popolari malcontenti. Ben tosto corse il grido per i quartieri della città, come vicino alla Scala vi fosse unione di malcontenti, e da ogni parte concorsero nuovi popolari, in modo che i rettori e consiglieri si trovavano assai inquieti. Laonde spedirono Lampugnino da Birago, loro collega, per aringare il popolo, e, colle buone, pacificarlo, promettendo ogni bene. Ma Lampugnino ebbe pena a salvarsi. Comparve il capitano di Giustizia Domenico da Pesare, scortato da buon numero di cavalleria, e facendo mostrare al popolo i capestri; ma il popolo li pose tutti in fuga. La moltitudine de’ malcontenti si creò due capi: Gaspare da Vimercato e il sopranominato Pietro Cotta. Altri signori spalleggiarono i malcontenti, come Giovanni Stampa, Francesco da Triulzio, Cristoforo Pagano suddetto, Marchionne da Marliano. Vi fu del sangue sparso; vennero espulsi i magistrati, occupato il palazzo, e distrutta l’organizzazione civile; se ne formò una tumultuariamente. I primarii cittadini, il giorno seguente, si radunarono nella stessa chiesa della Scala per deliberare qual partito si dovesse prendere. Alcuni volevano