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e la sua testa, portata a Milano, fu esposta al pubblico. Indi, a forza di torture, Teodoro Bosso in Monza fu costretto a nominare i complici, a’ quali tutti fu troncata la testa alla piazza de’ Mercanti, e furono Giacomo Bosso, Ambrogio Crivello, Giovanni Caimo, Marco Stampa, Giobbe Orombello e Florio da Castelnovato. Vitaliano Borromeo, il di cui nome pure trovavasi fra i proscritti, potè uscire dalla città e salvarsi.
Oppressi per tal modo i primari del partito nobile, del quale poco si fidava il Gonzaga, e sollevata la plebe ad ambire il comando della Repubblica, il disordine e lo scompiglio divennero generali nell’interno della città. Artigiani, giornalieri, plebaglia la più sfrenata arrogantemente cominciarono a disporre e della vita e delle fortune altrui a loro piacimento. Giovanni da Ossona e Giovanni da Appiano si segnalarono colle tirannie, usurpandosi una dittatoria facoltà e il dominio della repubblica. Il Corio li chiama uomini iniquissimi e scellerati. Saccheggiare i granai de’ proprietari delle terre; sforzare di notte con mano armata l’asilo delle private famiglie, rubando le gioie, gli argenti, e quanto v’era di meglio; costringere colla minaccia dell’oppressione i nobili agiati a manifestare e consegnare i denari che possedevano; quest’era la forma colla quale costoro percepivano il tributo col pretesto di mantenere l’armata a salvamento della Repubblica. Si pubblicò pena di morte a chiunque nominasse Francesco Sforza se non per dispregio, e si andava gridando che, piuttosto che a lui, si darebbero al Turco o al diavolo. I cittadini ragionevoli non ardivano nemmeno d’uscire dalle case loro sotto di un sì atroce governo. Per rimediare al disordine, Guarnerio Castiglione, Pietro Pusterla e Galeotto