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del duca Francesco si fu che, giovandosi il marchese di Pescara ed Antonio de Leyva dei progetti manifestati da Girolamo Morone, fecero, in un congresso tenuto in Pavia, sentenziare di fellonìa il duca Sforza, dichiarato sovrano del Milanese l’imperatore Carlo V. In conseguenza della quale dichiarazione il marchese di Pescara fece domandare allo Sforza il castello di Milano, quello di Cremona ed altri, presidiati dal duca. Il povero duca appena cominciava a riaversi da una malattia mortale, quando gli venne fatta sì terribile intimazione dall’abate di San Nazaro. Ricusò egli di dare al Pescara i due nominati castelli: bensì accordò gli altri, e disse che se l’imperatore voleva anche quelli, e a lui fosse constato, non solamente i castelli, ma lo Stato eziandio e la vita gli avrebbe dato; ch’egli era sempre stato ed attualmente era innocente e fedele a Cesare, e sperava che tale sarebbesi fatto conoscere. Si lagnò del suo destino, che, bambino ancora, lo aveva portato esule lontano dalla patria, colla prigionia e rovina del padre; poi, ricuperato appena lo Stato nella sua adolescenza, il re di Francia ne lo aveva balzato. Finalmente, fatto prigione il re, mentre credeva veder pacifici i sudditi e ristorati dai sofferti lunghi danni, mentre credevasi tranquillo, ecco una mortal malattia, ecco una calunnia a rovinarlo. A malgrado di siffatte querele il marchese di Pescara volle entrare in Mlano. Lo Sforza chiedeva soltanto che si aspettasse la risposta