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verso Napoli, alla perdita di due presidii di Sant’Angelo e Casal Maggiore, alla perdita di duemila sorpresi verso Alessandria, un nuovo accidente sventurato accadde al re e forse più gravoso, cioè che quattromila soldati grigioni, che erano al di lui stipendio, se ne partirono quasi improvvisamente. Giovanni Giacomo Medici, che s’era reso signore del castello di Musso, con insidie s’era altresì reso padrone di Chiavenna, città importante dei Grigioni. Per la qual cosa con lettere della loro Repubblica vennero immediatamente chiamati i Grigioni in soccorso della patria, sotto pena di infamia e di confisca. Così l’esercito francese si ridusse di numero quasi uguale al cesareo.
Il duca di Borbone e il marchese di Pescara ricevettero frattanto il rinforzo di ottomila Tedeschi. Fecero radunare le truppe che tenevano acquartierate in Cremona, Lodi ed altri luoghi; formarono un corpo di ventiduemila fanti, oltre i cavalli, e per Sant’Angelo marciarono a Pavia, e si collocarono vicini e di fronte al campo francese, cosicchè le guardie avanzate nemiche si parlavano. Il Guicciardini871 scrive che Pescara s’avviò per la battaglia sotto Pavia con settecento uomini d’arme, settecento cavalli leggieri, mille fanti italiani, e più di sedicimila tra Spagnuoli e Tedeschi. Ivi si mantennero per venti giorni, mettendo in allarme e inquietando i Francesi, ut primum metu ac sollicitudine vexarent, deinde cum vanum timorem consuetudine remisissent, securiores offenderent, ubi visum esset vero praelio lacessere872. Il re Francesco stava ben munito nel suo campo, situato nel parco, il quale, essendo cinto di mura, non dava accesso a’ Cesarei,