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ne’ casi comuni. All’oriente di Pavia, cioè a San Giacomo, a Santo Spirito, a San Paolo, a Sant’Apollinare stavano i quartieri degli Svizzeri allo stipendio de’ Francesi; al nord stavano i Francesi, acquartierati a Mirabello e Pantalena; da ponente stavano alloggiati alla badia di San Lanfranco il re di Francia e il re di Navarra; a San Salvadore alloggiava il principe di Lorena co’ Svevi e Grigioni; a mezzodì finalmente custodivano i posti, sotto il comando del marchese di Saluzzo e di Federigo di Bozzolo, gli Italiani misti co’ Francesi. Il giorno 8 novembre in tre luoghi era aperta la breccia, tanto era possente e replicato l’insulto di grossissima artiglieria! Tentarono dalla parte orientale l’assalto, e già due insegne francesi erano saliti sopra la rottura piantandovi le bandiere, e furono bravamente rispinti e rovesciati nella fossa. Contemporaneamente il re diresse l’attacco dalla parte occidentale. Fu impetuosissimo, e volle accorrervi il comandante don Antonio de Leyva. Vennero scacciati i Francesi, lasciando più di trecento morti sotto quelle mura. Nè sempre stettero sulla difesa gli assediati; fecero anzi delle uscite, fra le quali una ne scrive la cronaca di Martino Verri, per cui s’innoltrarono sino a Campese, e tagliarono a pezzi dodici insegne di bellissima gente, onde ricoveraronsi nella città carichi di bottino, trasportando due pezzi d’artiglieria. Il presidio di Pavia era di seimila soldati.
In mezzo a tai felici successi però i Tedeschi presidiati in Pavia, mancando di paghe, si mostrarono