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L’armata francese, che scese dalle Alpi, guidata dal suo re in persona, era composta di duemila uomini d’armi, tremila cavalli leggieri, ventimila fanti, metà francesi e metà svizzeri, seimila fanti tedeschi e cinquemila fanti italiani. Alla metà di ottobre del 1524 passò le Alpi. A tal nuova, quantunque Milano fosse resa deserta dalla pestilenza, e mancante affatto di ogni provvisione, i pochi cittadini che rimanevano, offersero al loro principe Francesco II la vita e le sostanze: ma il duca, seguendo anche il consiglio di Girolamo Morone, suo gran cancelliere, ringraziò i cittadini, conoscendo che non era più il tempo di opporsi, e che nella debolezza di allora si sarebbe provocato inevitabilmente l’ultimo eccidio della patria comune.
Comandò dunque il duca ai Milanesi che non irritassero i nemici, piegassero ai tempi, e confidassero nell’aiuto della Divinità e nella fortuna di Cesare. Egli partì da Milano il giorno 3 di ottobre, e si collocò a Soncino nel Cremonese col vicerè di Napoli Carlo Lannoy. Il re di Francia entrò nel Milanese il giorno 23 ottobre 1524. Si trattenne a Vigevano, e spinse a Milano il marchese di Saluzzo. Tutto ciò seguì senza contrasto alcuno e senza spargimento di sangue, poichè pochi erano gli armati, e il fiore di questi si ricoverò in Pavia sotto il comando di Antonio Leyva. Ben è vero che il Bourbon e