Pagina:Storia di Milano II.djvu/226

Bourbon, posso almeno compiangerlo; egli meritava un miglior destino. Gli storici nostri l’hanno insultato oltre il dovere.

Frattanto gli affari de’ Francesi andavano ogni dì peggiorando. Il presidio francese nel castello di Milano, il giorno 15 d’aprile 1523, avea ceduto il suo posto, custodibus partim morbo absumtis, partim morae taedio inopiàque cibariorum adactis, dice Sepulveda. Non rimaneva più alcuno spazio occupato dai Francesi, trattone il castello. Il loro comandante Janot d’Herbouville, signore di Bunon, era morto. Erano in tutto quaranta Francesi, e trentadue essendone periti, i soli otto che rimanevano si obbligarono con giuramento di non ascoltare mai proposizione di rendersi, e diciotto mesi si sostennero. Così almeno ce n’assicura lo storico Brantôme. I Veneziani, vedendo andare così alla peggio gli affari del re di Francia, informati della indole del re, distratto dalle occupazioni, immerso ne’ piaceri, dominato a vicenda da due donne, conobbero che erano passati i tempi del buon Lodovico XII, e che l’essere collegati colla Francia non poteva essere loro di verun giovamento, anzi riusciva di molto pericolo, attese le minacce del potentissimo ed attivissimo Carlo V. Veramente non aveano i Veneziani alcun plausibile pretesto per mancare alla lega che univali colla Francia; ma la Francia istessa, quattordici anni prima, colla lega famosa di Cambrai aveva insegnato ad essi a sostituire al codice del gius delle genti quello della convenienza. Il re di Francia in oltre era minacciato d’una invasione per parte degl’Inglesi. A ciò si aggiungeva la moderazione che Cesare mostrava, consegnando al duca Francesco