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Frattanto che il crudele Lautrec inferociva in Milano, l’armata de’ confederati s’accostò alla città. Io, come sempre, così al presente tralascio di annoiare il lettore colla esatta descrizione delle mosse e dei minuti avvenimenti marziali. Pare che gli scrittori prendano un piacer singolare ad internarsi colle descrizioni in siffatte carneficine, e nelle gloriose sceleraggini della guerra. La filosofia c’insegna a non abituarci a mirare con insensibilità simili sciagure; e forse il bene dell’umanità suggerirebbe di non consecrarle alla gloria, ma di punirle col silenzio degli storici. L’armata de’ collegati s’impadronì di Milano il giorno 19 di novembre 1521. Vi entrarono Prospero Colonna, il cardinale dei Medici, il marchese di Mantova, ignorando quasi i vincitori, dice Guicciardini, in qual modo o per qual disordine si fosse con tanta facilità acquistata tanta vittoria. Molte case vennero saccheggiate dagli Spagnuoli col pretesto che fossevi roba de’ Francesi. Venne proclamato duca Francesco II Sforza, e Girolamo Morone vi comparve governatore in nome di lui. Lautrec lasciò nel castello di Milano un presidio francese, sotto il comando del capitano Mascaron, di nascita guascone. Cremona pure conservò nel castello i Francesi sotto il comando di Janot d’Herbouville; Como, Lodi, Pavia, Alessandria, Piacenza e Parma vennero tosto in potere della lega. Appena Leone X ebbe la nuova d’essersi occupate dalle armi pontificie le città di Parma e di Piacenza, e d’essere in potere della lega lo stato di Milano, e proclamato lo Sforza, ch’ei morì improvvisamente, all’età di quarantaquattro anni, il giorno l° di dicembre 1521, non senza sospetto di veleno, per cui venne carcerato Barnabò Malaspina, suo cameriere, deputato a dargli da bere.