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che non l’abbandonò, quando, per uno sconsigliato ardimento, si scagliò incontro alla sua morte. Si battè, lo difese quanto un uomo solo lo poteva contro di una folla di armati. Lautrec gridava agli Spagnuoli, mentre combatteva, avvisandoli che Gastone era il fratello della regina loro. Ferito egli pure in più guise, giacque creduto morto a canto a Gastone. Riconosciuto poi, ed assistito, ripigliò Lautrec il suo vigore, e sotto del contestabile continuò a dar saggi del suo valor militare. Le ferite che Lautrec aveva ricevute sul viso nella battaglia di Ravenna, l’avevano reso di aspetto truce e deforme; nè il di lui carattere contrastava colla fisionomia. (1518) Lautrec, governatore di Milano, mal sofferiva il maresciallo Trivulzio, il quale viveva con una magnificenza reale, ed era più considerato nella città, che non lo fosse Lautrec. Trivulzio era maresciallo, era stato governatore, aveva acquistato alla Francia il Milanese, viveva indipendente. Il perchè venne accusato e indicato per sospetto, per essere egli il capo della potente fazione de’ Guelfi, e per essersi fatto ascrivere alla naturalizzazione elvetica, e perchè il di lui nipote serviva i Veneti. Queste accuse del Lautrec vennero nell’animo del re malignamente rinforzate dalla contessa di Chateau-Briant, la favorita di quel monarca. Trivulzio, franco e sensibile, informato dell’attentato, al momento partì; e quantunque avesse ottant’anni, nel cuore dell’inverno, superate le Alpi, si presentò alla corte di Francia, dove però non potè avere udienza dal re. Questo rispettabile vecchio si fe’ condurre in luogo per cui doveva passare il monarca; e poichè fu alla distanza di essere ascoltato, disse: Sire,