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ciò egli cominciò nel Duomo a parlare al popolo, e continuò per un mese a farlo ogni giorno con tanta grazia di lingua, che tutto Milano vi concorreva. Egli prese un tal ascendente col favor del popolo, che nessuno poteva fargli contrasto; e nella chiesa del Duomo disponeva come se ne avesse titolo. Le costui prediche versavano singolarmente nel rimproverare la corruttela degli ecclesiastici; i quali, indifferenti per la religione, col di lei manto altro non bramavano se non ricchezza, autorità e comodi; non mai sazi di onori, di latifondi, di voluttà, nimici delle sante regole de’ loro istitutori, alieni dalla carità, dallo studio de’ libri sacri, dalla cura del bene altrui, dalla pazienza, dalla umiltà, dai travagli; cose tutte che pure sono di obbligo dello stato a cui sono sublimati; e quindi in vece di animare i laici alla virtù col loro esempio, sono la cagione della corruttela universale de’ costumi. Così con veemente eloquenza questo uomo laico cercava di scuotere gli ecclesiastici. I preti non si mossero; ma i frati non furono tanto pazienti; e que’ di Sant’Angelo l’accusarono come sedizioso, fautore segreto de’ nimici del re. Egli, interrogato dal maresciallo Trivulzi e dal presidente del senato, fu trovato un uomo semplice, pio, ed affatto diverso da quello che era stato rappresentato. Insensibilmente poi questo amor popolare, prodotto dalla eloquenza e dalla austerità, sempre imponente, della vita, svanì; ed il romito dopo sei mesi, senza alcun romore, se ne partì. Era costui dell’età di trent’anni, Toscano; aveva nome Girolamo; dotto assai nelle sacre pagine. Tutto ciò il Prato. Di costui il Burigozzo dice che era di