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Ogni parrocchia si radunava e nominava due sindaci. Tutti i sindaci poi di ogni porta si radunavano ed eleggevano quattro. Questi quattro eletti da ciascuna delle sei porte, ossia de’ sei rioni o quartieri della città, si univano e formavano i ventiquattro elettori. Da questi poi nominavansi venticinque nobili per ciascuna porta, i quali formavano il consiglio della città, a cui era concessa la nomina del vicario di provvisione, scelto dal collegio de’ giureconsulti, la nomina de’ due assessori, scelti pure dal collegio medesimo, e quella degli altri nobili per le giudicature della città e pel tribunale di provvisione. Essi tuttavia formavano la terna, e la scelta facevasi dal luogotenente e governatore dello Stato. Ma quella forma di elezione terminò due anni dopo; e per un fatto dispotico del governatore Lautrec, vennero da esso lui nominati sessanta nobili, ai quali commise di rappresentare il consiglio generale della città; e così continuarono dappoi i successori nel governo a nominare, senza opera della città, a misura che vacavano; ed il ceto dei sessanta decurioni (l’adunanza de’ quali dicevasi la Cameretta), durò fino all’epoca della repubblica Cisalpina.

La plebe era superstiziosa e violenta oltre modo; e ne fecero la prova i monaci di San Simpliciano, i quali nell’anno 1517, avendo scoperte alcune urne, ed esposti i corpi creduti di San Simpliciano, di San Martino, di San Siro ed altri santi; ed essendo per disgrazia caduta in que’ dì