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e mezzo di costringere la città allo sborso della promessa paga, e di maggiori ancora. In pochi giorni quarantamila Svizzeri scesero dai loro monti, e si radunarono verso Novara. Il cardinale di Sion tanto dispoticamente e con tanta atrocità comandava in Milano, che, sospettando egli di Ottaviano Sforza, cugino del duca e vescovo di Lodi, che avesse delle pratiche co’ nemici, nulla rispettando il carattere di consanguinità col sovrano, nè la persona del vescovo, crudelmente per mero sospetto lo fece torturare con quattordici tratti di corda; il che narrato viene dal Prato, e dalla cronaca manoscritta di Antonio Grumello, pavese. Il Prato nota persino il giorno in cui ciò avvenne, che fu il 21 di maggio 1515, e racconta che il vescovo spontaneamente veniva al castello per corteggiare il duca, quando quivi fu arrestato, rinchiuso nella ròcca, ed aspramente torturato a fine di chiarirsi s’egli mai avesse tramato contro lo Stato. Dopo due settimane, non risultando dai processi altro che la innocenza del vescovo cugino del duca, fu il vescovo tradotto nella Germania, d’onde l’infelice prelato passò a Roma. Tali erano i costumi e le opinioni d’allora; tali i pensieri di un cardinale, di un vescovo di Sion, verso d’un figlio d’