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al cardinal di Sion, precipuo motore di simili risoluzioni; ma l’inflessibile prelato non diè orecchio a verun moderato partito. La città si pose in tumulto; alcuni Svizzeri furono uccisi; alcuni Milanesi pure rimasero morti in una zuffa alla sala della piazza dei Mercanti. E come si avvicinavano i Francesi, ed il partito de’ malcontenti con tale notizia si rianimava, così il duca fu costretto con nuovo proclama a disdire l’imposta taglia. Si entrò a trattare. La città di Milano comprò dal duca il Vicariato di provvisione, la giudicatura delle strade e quella delle vettovaglie collo sborso di cinquantamila ducati, di che stesero pubblico documento, il giorno 11 di luglio 1515, i notai Stefano da Cremona e Paolo da Balsamo. Da quel contratto ebbe origine poi la nomina che la città di Milano presentava al principe od al suo luogotenente, di alcuni cittadini, dai quali esso trasceglieva chi gli era in grado alle accennate cariche, che cominciarono allora ad essere privativamente appoggiate ai così detti patrizi milanesi. Con questi cinquantamila ducati, cioè colla sesta parte soltanto della somma loro promessa, ritornarono i commissari svizzeri al loro paese. Nella dieta nazionale si pose in deliberazione, se meglio convenisse l’accettare le pensioni che offeriva con molta istanza il re Francesco, ovvero proseguire all’impegno di mantenere Massimiliano Sforza duca di Milano; ed il secondo prevalse, avendo gli Svizzeri profittato più de’ Francesi nemici colla recente sconfitta data loro presso Novara, di quanto ne avrebbero ottenuto se fossero stati loro alleati. A ciò s’aggiunse poi la considerazione, che, fin tanto che Massimiliano Sforza rappresentava il personaggio di duca di Milano, non sarebbe mancata occasione