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i baliaggi che avevano occupati, ma il dominio del Milanese, che realmente esercitavano già sotto il nome del duca Massimiliano. Si radunarono ne’ contorni di Novara nel numero di diecimila, a quanto scrive il Guicciardini, o settemila, come scrive il Prato; e il giorno 6 di giugno del 1513 assalirono l’armata francese con tanto impeto e sì impensatamente, che, quasi per sorpresa impadronitisi dell’artiglieria de’ nemici, la rivoltarono contro de’ Francesi medesimi; e questo arditissimo impeto sgomentò talmente i Francesi (i quali s’immaginarono essere sopraggiunta una nuova armata di patriotti svizzeri), che senza consiglio si abbandonarono alla fuga; e da un drappello di fantaccini, senza cavalleria, senza artiglieria venne siffattamente distrutto un corpo di armata, che si contarono rimasti sul campo ben diecimila de’ Francesi, ed il rimanente con somma sollecitudine ripassò le Alpi. Così gli Svizzeri in quel luogo medesimo ove tredici anni prima erano stati accusati di aver tradito il padre, avendo a fronte lo stesso Trivulzi, in quello stesso luogo, e contro del generale medesimo, col loro valore mantennero lo Stato al figlio Massimiliano Sforza, e ripararono l’onore delle loro armi e della fedeltà loro. Il Prato attribuisce quella sciagura de’ Francesi al disprezzo che imprudentemente essi fecero de’ loro nemici; non supponendo possibile ch’essi ardissero di provocar l’armata francese. Attribuisce però singolarmente allo sbigottimento che ebbe colla sorpresa il comandante supremo la Tremouille, il poco onore che in quella giornata si fecero le armi francesi; ed il Trivulzio, costretto a fuggire cogli altri, andava