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per ricuperare il Milanese; ed il re obbligavasi ad aiutare la Repubblica per riacquistare le terre della Romagna perdute colla lega di Cambrai. Contro del papa si mossero parimenti gli Spagnuoli; ed il vicerè di Napoli s’impadronì di Parma e di Piacenza, sebbene per poco, costretto a restituirle al papa. Mentre si andava disponendo nella Francia una nuova invasione nel Milanese, a respingere la quale forz’era rivolgere le spalle a’ Veneziani collegati colla Francia, il duca Massimiliano Sforza si abbandonava alla molle lascivia, che appena si perdona ai principi sicuri nel loro Stato. Per festeggiare il soggiorno che la marchesa di Mantova faceva in corte col nostro duca, ad altro non pensava egli che a giuochi ed a pompe, quasi ch’ei fosse nel seno della pace. Fece fare, fra le altre cose, un torneamento; il che accadde il giorno 13 di febbraio 1513, dimenticandosi che nel castello stavano i Francesi. Il duca vide, per le palle di cannone ch’essi gli fecero piovere sulla corte, che aveva inopportunamente scelto il tempo ed il luogo. Questo principe non sembra che avesse alcuna energia nè elevazione d’animo; egli spensieratamente portava il titolo di duca, e in mezzo all’umiliazione propria ed alla miseria de’ sudditi pensava a passar giocondamente il suo tempo. Donava feudi, donava regalie, regalava denaro, roba, a tutti i suoi favoriti con profusione, in guisa che aveva sempre l’erario esausto. Donò a Girolamo Morone la contea di Lecco: la città di Vigevano al cardinale di Sion; Rivolta e la Ghiara d’Adda ad Oldrado Lampugnano. Coteste sue profusioni facevansi da esso lui come se nulla fossero, dice il Prato,