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conti, sei cardinali, e quattro altri ne vennero il giorno seguente, in tutto dieci cardinali. Il re visse in Milano coll’affabilità istessa dell’altra volta; andava ai pranzi, e fu da Galeazzo Visconti, da messer Antonio Maria Pallavicino; e sopra ogni altro si ricorda il festino veramente magnifico che diede Gian Giacomo Trivulzio al re ed alla corte, in cui sedettero più di duecento gentiluomini, cinque cardinali e centoventi damigelle milanesi. Inoltre vi furono tavole imbandite per quattrocento arcieri reali, ed altretanti domestici e cortigiani; onde più di mille convitati sedettero alle mense del Trivulzio: e ciò, essendo la stagione favorevole, seguì il 27 di maggio, sotto sale posticcie, piantate lungo il corso di Porta Romana. Indi vi si ballò e s’ebbe il divertimento delle maschere. Al re singolarmente piacque una bellissima giovine, Catterina di San Celso, che cantava, suonava e ballava sorprendentemente, ed aveva somma grazia, ingegno e vanità di conquiste.

Fra i varii spettacoli che in quella occasione si videro, uno ve n’ebbe il quale minacciò di cagionare degli inconvenienti. Il giorno 14 giugno 1507 fu destinato ad una rappresentazione militare. Il giorno precedente cadeva la solennità del Corpus Domini, ed il re, con sette cardinali, col duca di Savoia, e i marchesi di Monferrato e Mantova, e una schiera di ministri esteri, aveva decorata la solita processione. La comparsa militare consisteva nel mostrare l’attacco di una fortezza. Erasi accomodato, a foggia di una ròcca, a quest’oggetto, il palazzo dove soleva dimorare il governatore, ch’era Carlo, gran maestro d’Amboise, succeduto al cardinale di Rohan. A difendere il