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del male che avea fatto non ascoltando i consigli del Sanseverino; e, come dice il Morone: se ipsum arguere, propriamque vecordiam accusare non cessabat, nec quid consilii caperet satis intelligebat. Galeazzo Visconti era il ministro del duca alla dieta elvetica, ed ivi non cessava di animare quella sovranità a cogliere l’onorevole occasione di dar la pace alla Lombardia. Solo che la dieta lo volesse, doveano cessare al momento le ostilità; giacchè le forze principali dei due eserciti consistevano negli Svizzeri, che avevano bensì la libertà di vendere i loro militari servigi alla potenza che più era in grado a ciascuno; ma conservavano sempre il carattere di sudditi della dieta, alla quale non avrebbero potuto mancare, se non sacrificando l’onore, la patria, i parenti e i loro poderi. Bastava un ordine supremo agli Svizzeri dei due eserciti, per cui si vietasse loro di combattere, che la sospensione d’armi era al momento fatta. Bastava spedire abili negoziatori che, a nome della sovranità elvetica frapponendosi, conciliassero la pace; e per necessità doveano l’una e l’altra parte piegarsi e ricevere in certo modo la legge. Il progetto era nobile, umano e grande. Fu aggradito. Si spedirono gli ordini sovrani per due corrieri alle due armate. Si trascelsero dodici deputati, i quali venissero a dar la pace. Assicurato di ciò il duca, si collocò in Novara. Ma il destrissimo Antonio Brissey corruppe il corriere che portava il decreto all’armata francese, per modo ch’ei s’appiattò in un villaggio per più giorni, mentre l’altro corriere spedito al Moro diligentemente accelerava il suo cammino. Così doveva accadere che gli Svizzeri sforzeschi ricevessero il comando di non combattere, ed i Francesi non lo ricevessero. Di ciò venne sollecitamente avvisato il Trivulzio.