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La prima condizione che i cittadini vollero, fu quella di aver salve le cose loro. Il duca, contentissimo per sì inaspettato mezzo, che spianava ogni ostacolo, a tal condizione aderì, e così entrarono gli Sforzeschi in Novara; sicchè a stento potè appena per la porta opposta correre a salvamento quel presidio. Ciò accadde il giorno 20 di marzo 1500. I soldati si posero a saccheggiare a norma della parola datane loro dal duca; ma egli nuovamente lo proibì; il che sempre più alienò da lui l’animo di quell’armata, composta di soldati che non aveano legame veruno col duca; gente collettizia, radunata allora allora per la speranza di far bottino, e che vedevasi delusa e quasi schernita dal duca, malgrado la sua parola, e malgrado anche i loro diritti militari.
Mentre Lodovico Sforza stavasene co’ suoi entro Novara, il di cui castello tuttavia era in mano dei Francesi, il ministro del re di Francia alla dieta del corpo elvetico, Antonio Brissey, maneggiava il colpo decisivo, per cui il suo re, senza contrasto, rimanesse duca di Milano. Gli scrittori sinora hanno rappresentata la prigionia del Moro come un tradimento degli Svizzeri; ed hanno offeso con ciò, non solamente il carattere de’ fedeli ed onorati Elvezii, ma la verità e il buon senso, che non permetterebbe mai di credere che sedicimila uomini si unissero per tradire chi li paga. Le lettere del Morone ci svelano come seguisse il fatto. Poichè fu Lodovico in Novara, i Francesi s’accrebbero; e molta gente venne dalla Svizzera sotto le loro bandiere. S’avvide allora il duca