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sono l’opera di un uomo di Stato, che ebbe fra le mani i principali affari d’Italia de’ tempi suoi; e conseguentemente servono di molto aiuto per la storia.

Lodovico il Moro stette per due settimane a Pavia per ivi radunare le sue soldatesche, le quali s’andavano ogni dì aumentando, mercè gli Svizzeri e Tedeschi che scendevano dalle Alpi e si ponevano allo stipendio di lui. Milano frattanto era inquietata dalle scorrerie che tentavano i Francesi acquartierati nel castello, malgrado la custodia del cardinale Ascanio; volavano di tempo in tempo le palle sulla città: avvenimento che cinquant’anni prima avea preveduto il buon Giorgio Piatto. Il duca, avendo più di sedicimila Svizzeri, mille corazzieri tedeschi e molta cavalleria italiana, forz’era che tentasse qualche azione. Egli mancava di denaro, nè poteva lungamente mantenere al suo stipendio quest’armata. I Francesi dell’Allegre da Imola ritornarono per unirsi ai compagni. Dalla Francia era spedito nuovo rinforzo sotto il comando del duca della Tremouille; non v’era speranza pel Moro, se non nella rapidità di approfittare dell’occasione favorevole. Dispose adunque d’impadronirsi di Vigevano, e da Pavia partitosi ai 20 di febbraio 1500, il giorno 25 se ne rese padrone. Per animare i suoi egli aveva loro promesso il saccheggio di quella città, e gli Svizzeri avevano raddoppiati con tal mercede i loro sforzi. Ma il duca amava quel luogo, e non ebbe cuore di vedere eseguita la rovina di que’ cittadini. Fece distribuire a ciascun soldato un ducato d’oro, di che rimasero tutti assai malcontenti. Poi Lodovico Sforza co’ suoi si inoltrò verso Mortara, otto miglia distante da Vigevano, e collocò le tende in faccia del Trivulzio. I Francesi