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a Roma ed a Napoli per ricercare soccorsi contro de’ Francesi; e lo avvisò di prepararsi ad eseguire questa commissione. Il Morone ringraziò il duca dell’onore che voleva fargli; ma considerandosi ancora assai giovine ed imperito per affari di Stato, supplicò per essere dispensato da una commissione che difficilmente sarebbe riuscita con buon servizio del duca e con onore di lui. Il duca Lodovico graziosamente replicò che il senno del Morone era virile se l’età era fresca, e che sperava sarebbe ottimamente riuscito. Il Morone soggiunse al duca che nè il papa nè il re di Napoli si sarebbero fidati di lui, attesochè dai Francesi era stato beneficato, e che questo solo bastava a renderlo un negoziatore infelice. Nemmeno a ciò s’arrese il duca, replicando che la confidenza ch’egli mostrava di avere in esso lui, avrebbe convinti e il papa e il re per modo che avrebbero liberamente trattato seco. Vedendo il Morone deluso ogni sotterfugio, con sommessione dichiarò ch’egli avrebbe data la vita pel servizio del suo natural principe; ma che egli sentiva una ripugnanza invincibile a far cosa alcuna in danno de’ Francesi, dai quali era stato favorito. Lodovico lodò la virtù del Morone, lo congedò, ma si conobbe che non ne rimase contento: profecto rationis efficacia victus, manum dedit; attamen, dum me dimisit, eum mihi subiratum dignovi, quoniam, ut scis, principes quod volunt, nimium velle solent, et ut plurimum quod juvat magis, quam quod decet, cogitant. Le lettere del nostro Morone si trovano nella biblioteca del fu conte di Firmian, e meriterebbero di veder la luce, poichè