alla prima occasione la scelta sopra di un soggetto di cui interamente fidarsi, e questo fu Teobaldo, che gli era figlio naturale, partoritogli da Stefania, donna romana, che era la terza concubina del re. Per non violare le costumanze e le ragioni de’ sacri canoni, lo fece tonsurare e ascrivere fra i cardinali della santa Chiesa milanese, che già anche avevano il titolo di Ordinarj1; e così con finissima politica, onorando quel ceto di potenti ecclesiastici, fra’ quali già si annoveravano de’ principali cittadini milanesi e de’ figli di conti e marchesi, dignità allora cospicue, si assicurò la tranquillità. Ma il progetto, immaginato con avvedutezza, fu da Ugone medesimo, per impazienza, rovinato; poichè durando a vivere l’arcivescovo Arderico più che non desiderava il re, ansioso questi di vedere alla dignità innalzato il figlio Teobaldo, ordì la trama che, mentre in Pavia si radunavano per di lui comando i primari del regno nel 944, i suoi facessero nascere una briga co’ Milanesi, procurando fra il tumulto di uccidere l’arcivescovo. Il colpo andò a vuoto; venne sparso il sangue di molti , ma fu salvo Arderico2, il che rese i Milanesi alienissimi dal pensare a secondare le mire del re. Da quel punto pensarono anzi a liberarsene, e, secondo ogni probabilità, l’arcivescovo Arderico non ebbe poca parte nell’invitare Berengario, figlio di Adalberto marchese d’Ivrea, che si era sottratto dalle insidie del re Ugone, ricoverandosi in Germania. Questi era un signore possente, e vedendosi favorito dall’arcivescovo e da’ signori suoi aderenti, comparve in
- ↑ Liutprand. lib. IV, cap. 6. — Arnulph. Rer. Italic. Script. tomo IV, lib. I, cap. 1 e 2.
- ↑ Il conte Giulini, tomo II, pag. 208.