mane un vestigio nella moneta milanese che conservo nella mia raccolta. Nell’anno 931 associò sul trono Lotario suo figlio, ed allora i diplomi, non meno che le monete, ebbero la leggenda di Hugo et Lotharius reges, anzi in modo assai più scorretto e rozzo, come si vede nella moneta che ho presso di me. Ugone non aveva la condotta inconseguente dell’incauto Rodolfo; egli pensava d’innalzarsi all’Impero, e faceva servire gli amori al regno, quando il primo aveva fatto l’opposto. La famosa Marozia, vedova duchessa di Toscana, fu sposata da Ugone, acciocchè con quell’appoggio non vi fosse chi gli disputasse l’Impero; e lo avrebbe ottenuto, se in Roma istessa non avesse con insulto irritato Alberico, figlio di Marozia, al segno che, sollevatasi la città, dovette infelicemente ritornarsene in Pavia l’anno 933. Erano state in questo frattempo, per lo spazio di sette anni, tranquille le cose di Lombardia, e naturalmente i primi signori, e fra questi l’arcivescovo di Milano, che opportunamente profittava quando gli affari erano in movimento, dovevano essere annoiati. V’era un partito per richiamare al regno Rodolfo; quindi Ugone entrò in trattato con quel principe, al quale cedette una parte de’ suoi Stati di Provenza, cioè la Borgogna Cisjurana; e con tal mezzo si fece interamente cedere ogni di lui pretensione sul regno d’Italia. La fazione medesima aveva poi fatto invito ad Arnoldo, duca di Baviera, il quale, nell’anno 934, era comparso e s’era impadronito di Verona; ma Ugone lo vinse e lo fece scomparire dall’Italia. L’arcivescovo Lamberto aveva cessato di vivere; eragli succeduto un prelato di più mite carattere. Ma il re Ugone, da accorto politico, non valendo colla forza a contenere chi occupava la cospicua sede, pensò a farne cadere