scegliere per conciliargli l’ajuto di Lamberto arcivescovo, deluso sotto Pavia, e impegnato già col re di Provenza. Burcardo, orgoglioso ed incauto, nel portarsi a Milano, osservando le torri e il restante dell’antica fabbrica sacra ad Ercole, ove trovavasi e tuttavia si trova la chiesa di San Lorenzo, si spiegò in lingua tedesca, che ivi voleva fabbricarsi una fortezza con cui tener sottomessi, non i Milanesi soltanto, ma molti principi d’Italia: Eum ibidem munitionem construere velle, qua non solum Mediolanenses, sed et plures Italiae principes coërcere decrevisset1. Altri discorsi di quest’indole andava tenendo mentre cavalcava. Vi fu chi intendeva assai bene la lingua tedesca, e ne fece rapporto all'arcivescovo, il quale urbanamente e con ogni splendidezza accolse l’ospite illustre, giacchè Burcardo era suocero dello stesso re Rodolfo; gli diede una caccia del cervo nel parco, cosa che Lamberto arcivescovo non soleva fare se non co’ più grandi e co’ più cari amici. Concessit cervum, quem is in suo brolio venaretur, quod nulli unquam nisi carissimis, magnisque concessit amicis; così dice Liutprando: in somma dissimulò ogni risentimento per tutto quello che Burcardo aveva detto; e non si sa con qual riscontro, ma certamente con molta officiosità, lo lasciò partire. Ma Burcardo non ebbe tempo di riferire al re di Borgogna il risultato della negoziazione; poichè assalito ne’ contorni di Novara da alcuni armati vi lasciò la vita; dopo di che il re Rodolfo abbandonò per sempre l’Italia. Fra le altre cose che Liutprando asserisce dette da Burcardo alla vista de’ Milanesi, dum juxta murum civitatis equitaret, vi è la seguente: Lingua
- ↑ Liutprand. lib. III, cap. 4.