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verso Milano1, così la materia più comune era il legno; quindi spessi e fatalissimi erano gl’incendj nel secolo undecimo e al principio del seguente, mentre la popolazione si andava accrescendo; su di che è bene ch’io riferisca le parole del Fiamma nel Manipolo de' Fiori: ubi est sciendum, quod civitas Mediolani propter multas destructiones non erat interius muratis domibus aedificata, sed ex paleis et cratibus quam plurimum composita. Unde si ignis in una domo succendebatur, tota civitas comburebatur. In fatti ci raccontano gli storici incendj fatali accaduti in que’ tempi, negli anni 10712, 10753, 11044 e 11065.

Abbandoniamo adunque per sempre il privilegio ridicolo di non essere mai la dominante del regno, ma una città suddita secondaria, diretta da un vicegerente del monarca, chè tale sarebbe il supposto privilegio di Teodosio al vescovo sant’Ambrogio; e per ispiegare come mai Milano fosse dimenticata per cinque secoli dopo di Vitige; come Pavia, Verona e Monza divenissero la residenza de’ principi, piuttosto che Milano, riportiamoci alla ragione vera, confermata da ogni fatto, e che sinora nessuno ha avuto l’animo di pronunziare, cioè che non vi sarebbe stato in Milano luogo per alloggiarvi i sovrani, nè cosa alcuna conveniente ad una corte. Milano non cominciò a risorgere se non dappoichè, riparate le mura, gli abitatori poterono domiciliarvisi tranquilli. Se prima di ciò si fossero radunati molti a convivere sullo stesso suolo, spogliato d’ogni riparo, sarebbe stato lo stesso che indicare ai barbari il

  1. Il conte Giulini, tomo II, pag. 439.
  2. Detto, tomo IV, pag. 144.
  3. Arnulph. lib. IV, cap. 8.
  4. Landulph. Junior. cap. 8
  5. Il conte Giulini, tomo IV, pag. 510.