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capo secondo 49

locando una abitazione sopra dell’altra a molti piani: ma questo non era il modo certamente di fabbricare in quei secoli. Le memorie di quei tempi ci fanno anzi conoscere che in Milano erano poche e degne di osservazione le case che avessero piano superiore; comunemente un pian terreno e il tetto formavano una casa, e quelle poche le quali avevano un piano al disopra, chiamavansi solariatae, e venivano così contradistinte dalle case comuni1, ed erano rare tanto, che abbiamo la chiesa di Sant’Ambrogio in Solariolo, che così fu chiamata perchè ivi si trovava una piccola casa con camere superiori2. Da tutto ciò chiaramente si vede che poca e miserabile popolazione rimaneva nella distrutta città prima del secolo undecimo, della quale scarsezza di abitatori ne fa menzione lo storico nostro Landolfo il Vecchio, il quale nel secolo undecimo scriveva, che si era perduta in Milano ogni forma di buon governo, ob nimiam hominum raritatem3. Della povertà poi di Milano in que’ tempi tutto quello che ce ne rimane, ne dà indizio. Alcune poche vie della città chiamavansi carrobj, perchè non tutte erano larghe abbastanza per il passaggio dei carri4. Le piazzette della città si lasciavano a prato, e servivano di pascolo alle bestie, d’onde nacque il nome milanese di pascuè5, e ben poche case erano di mattoni, ma anzi le muraglie erano formare con una grata di legno intonacata di creta e di paglia; il tetto era o di legno, ovvero di paglia. Siccome la pianura allora era coperta di boschi, singolarmente

  1. Il conte Giulini, tomoI, pag.388.
  2. Detto, tomo II, pag. 361.
  3. Landulph. Senior. Lib. II, cap. 26.
  4. Il conte Giulini, tomo II, pag. 322.
  5. Detto, tomo V, pag. 422.