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tempi; ma l’ho cercato in vano. Le fisionomie degli uomini ch’ebbero parte negli affari pubblici, mi si presentarono tutte bieche ed odiose. La fede e la probità erano celate allora nell’oscurità di qualche famiglia, e nel magazzino dei negozianti. La virtù nasconde e copre la sua esistenza nell’asilo della privata fortuna per essere sicura contro i colpi del vizio, quand’egli è armato e trionfante come in que’ tempi. Non può incolparsi a malignità di messer Niccolò Macchiavello s’egli ha dato per norma ai principi una pessima morale. Egli era un pittore che fedelmente ci rappresentava gli oggetti quali erano allora; la colpa sua è quella di non aver osato di esaminare la fallacia della politica che generalmente si praticava: io ne do la colpa alla mente, piuttosto che al cuore di quell’autore. Per vedere anche in piccolo la fede di que’ tempi, aggiungo un fatto solo. Già dissi che il duca, l’anno 1419, aveva comprato da Gabrino Fondulo la città di Cremona, collo sborso di trentacinquemila ducati. Gabrino si era però riservato per sè Castelleone, luogo forte del Cremonese, ove tranquillamente da sei anni dimorava. Volle il duca possedere anche quella fortezza, la quale difficilmente avrebbe superata colle armi. Fu scelto Oldrado Lampugnano, amico di Gabrino, per tradirlo; e vi si prestò benissimo Oldrado. Si portò egli sul Cremonese con alcuni armati, mostrando commissione di visitare le terre del duca; e, fatto posa avanti Castelleone, spedì un uomo entro della fortezza, chiedendo un maniscalco per ferrare un cavallo, e frattanto lo incaricò di salutare il suo amico Gabrino, e dirgli che verrebbe ad abbracciarlo, se la fretta di proseguire il cammino non glielo vietasse. Gabrino Fondulo, disarmato e senza alcun