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dello Stato, era occupato da piccoli sovrani. Quasi ogni città si era creato un conte. Il più potente fra questi nuovi divisori del dominio era, siccome dissi, Facino Cane, al di cui stipendio viveva una schiera di militi de’ migliori di que’ tempi, avvezza a vincere sotto il comando di Facino. Egli in fatti era il padrone di Milano, di Pavia, di Alessandria, di Novara, di Tortona e di altre terre; e non gli mancava altro che il titolo di duca. Anzi vi è tutta l’apparenza di credere che lo sarebbe diventato, e colle armi avrebbe ricuperato per se medesimo la successione del primo duca, poichè fu estinto Giovanni Maria, e nessun altro rimaneva che il timido Filippo Maria; ostacolo di mera opinione, facile a togliersi colla fede e colla morale di quel secolo d’orrore. Ma il potere supremo dispose altrimenti, e decretò che nel medesimo giorno 16 di maggio dell’anno 1412 Giovanni Maria morisse trucidato in Milano, e Facino Cane morisse in Pavia di natural malattia. Il momento era giunto al fine in cui i figli dell’oppresso Barnabò potessero far valere le loro ragioni. Non v’era forza che potesse far loro valida resistenza; e il governo civile di Milano era talmente sconnesso ed incerto, che nulla più doveva costare ad essi impadronirsene che lo stendervi la mano. In fatti Estore Visconti, figlio naturale di Barnabò, nato da Beltramola dei Grassi, negli ultimi anni del regno del duca Giovanni Maria s’era impadronito di Monza; e pare che da colà aspettasse il momento per rendersi signore di Milano; e così fece spirato che fu il duca. Siccome poi l’origine sua poteva dar luogo a chi volesse trovare illegittima la sua dominazione, così Estore si associò Giovanni Carlo Visconti, discendente legittimo del signor Barnabò, perchè