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in quella misera ed inerme compagnia, il che fu eseguito; e di quegl’infelici oltra a ducento ne occiseno: ed inde fece proclamare, che sotto pena de la forcha veruno più non nominasse pace nè guerra: anchora ordinò che gli sacerdoti ne la missa, in loco de pacem, dicessino tranquillitatem. Doppuoi essendo al prelato duca presentato avante uno figliolo de Giovanne da Pusterla memorato, forse in età de XII anni, intervenne questa maraviglia anzi miraculo, che, mettendo li cani addosso al fanciullo per squarciarlo, quello se gittò a terra chiamando al duca misericordia, il quale, più incrudelendo, se gli remisse uno ferocissimo cane, chiamato il guerzo, custodito per il Squarza Giramo, assai più che quello crudele contra il sangue humano, ed a suggestione dil quale lo principe molte persone per denti de suoi cani faceva lacerare. Questo cane adunque, per il canetero lassato, puoi che il fanciullo ebbe nasato, se fece a disparte. Ma il principe non per questo revocando la innata crudeltate, cominciò minaciar al Squarza che lo farebbe suspender per la gola; onde remettendo una crudelissima cagna per nome sibillina, parimente quella non volse molestar il fanciullo, che di continuo domandava perdono. Ma Giovanne Maria, più obstinato nel suo furore, comandò al malvagio canatero che scanasse lo innocente garzono, il che voluntiere exequendo, non ancora quegli cani volsino gustare dil suo sangue: ed in tal forma ne faceva morire, ed tanto in questa inaudita crudeltate se delectò, che sino la nocte andava per la cità con il Giramo, inventore de si inaudita sceleragine e favoregiato da lui per tanto horrendo maleficio, caciando il sangue umano come li cazatori ne boschi le sevissime fere. Così il Corio,