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fabbricare della Germania. Io non saprei a tal proposito esprimermi tanto bene, quanto ha fatto nell’Elogio del Cavalieri il nostro immortale abate Paolo Frisi. Gli architetti fatti allora venire dalla Germania, avendo preferita la nativa loro maniera di fabbricare agli ottimi modelli che sino da quei tempi vedevansi nella Toscana, ci lasciarono nella gran fabbrica del nostro Duomo un monumento della rozza opulenza, piuttosto che del buon gusto. Anzi il nuovo modello, imponendo colla sua stessa grandiosità, e confondendo le idee della simmetria, dell’euritmia e del bello, servì piuttosto a ritardare fra di noi i progressi della maestosa, e nobile architettura; così egli. La lunghezza del Duomo è di braccia duecentoquarantanove e mezzo; la larghezza massima della croce è braccia centoquarantotto e un ottavo; e la larghezza della chiesa è braccia novantasette. Il nostro braccio è l’estensione di un piede e dieci pollici di Parigi, così che sei braccia si calcolano prossimamente undici piedi reali di Francia. Questo grande