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che recitò il vescovo di Novara in mezzo di quella pompa, sulla piazza di Sant’Ambrogio. Essa incomincia così: Ecce testem populis dedi eum ducem, et praeceptorem gentibus. - Venerabiles patres, spectabilesque domini mei, plurimum merito venerandi, tota Mediolanensium patria potest a me condiligenter quaerere: - dic, quaeso, Novariensis episcope, quae sacrum moverunt caesareum animum nostrae comunitati ducatus exhibere fastigium? - Ad quam ego: - quadruplex rerum conditio; dirigens benignitas Regis aeternalis; prosequens conformitas actus parentalis; obsequens fidelitas domus Viperalis; congruens utilitas plebis generalis. Poi dopo s’impegna a provare con varii testi della Sacra Scrittura, che Giangaleazzo era stato dall’imperatore creato duca per volere di Dio; per inclinazione di quell’augusto, che, sull’esempio de’ suoi maggiori, beneficava la casa Visconti; per rimunerazione della fedeltà colla quale i Visconti erano sempre stati affezionati all’Imperatore, e per bene generale de’ numerosi popoli che obbedivano a Giangaleazzo. Indi l’oratore passa alle lodi dell’imperator Venceslao, nel quale trova: Celebris potentia validi vigoris; nobilis prosapia fulgidi decoris; hilaris clementia placidi datoris; e continua a dimostrare queste asserzioni ritmiche, con frasi e modi singolarissimi. Poi, terminato l’encomio di Venceslao, passa a tessere quello del nuovo duca, e le sue lodi sono: Generis propinquitas, multum radiosa; corporis formositas, multum speciosa; animi tranquillitas, valde virtuosa. L’oratore vescovo di Novara era Pietro di Candia, che poi diventò papa col nome di Alessandro V; e tale sermone fu allora ammirato da tutti, come un capo d’opera della più nobile eloquenza. Eppure trentacinque