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competitori, con prodiga compiacenza, gareggiavano per guadagnarsi l’amicizia sua, egli andava togliendo alla Santa Sede lo Stato, ed operando ne’ suoi dominii come s’ei fosse padrone di tutto, disponendo anche delle cose ecclesiastiche. La politica del conte era tale, che volle ottenere e da Urbano VI, che stava in Roma, e da Clemente VII, che risedeva in Avignone, la dispensa per contrarre le nozze con Catterina Visconti, su cugina, l’anno 1380; e ciò sotto pretesto di timorata coscienza, non essendo egli ben certo quale de’ due papi fosse il vero. Con tal mezzo, Omnes dignitates, dice l’Annalista Piacentino, et beneficia ecclesiastica terrarum ipsius domini comitis, quale erant conferenda, dictus dominus comes ipse conferebat cui volebat, et dictus dominus papa dicta beneficia et dignitates confirmabat omnibus illis quos dictus dominus comes elegerat. Ciò nondimeno i principi minori d’Italia erano collegati contro del conte; e fra questi eravi il signore di Mantova Francesco Gonzaga, gli Stati del quale, come più vicini, erano ancora più degli altri in pericolo; sembrando inevitabile anche per lui il destino dei signori della Scala e de’ signori di Carrara. L’armata del conte, spedita contro il Mantovano, era comandata da Jacopo dal Verme. I Fiorentini non potevano soccorrere il Gonzaga, perchè il conte altro corpo di truppe teneva contro Firenze. Il Po era coperto di navi con armati dall’una e dall’altra parte; ed il Gonzaga aveva fabbricato su di quel fiume un ponte, di legno bensì, ma tanto forte e munito, che il dal Verme non credè di attaccarlo. Sotto di questo ponte si ricoveravano le navi mantovane ogni volta