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alla quale permise tosto di saccheggiare i palazzi di Barnabò e de’ suoi figli; e la plebe di più saccheggiò le dogane e la gabella del sale, che era alla piazza dei Mercanti. Nella fortezza di Porta Romana vi fu ritrovato tanto argento per caricarne sei carri, ed in ori vi si contarono settecentomila fiorini. Quindi si radunò un consiglio generale della città, il quale tosto conferì il dominio al conte di Virtù, e, dopo lui, a’ suoi discendenti maschi legittimi, in quel modo a lui più fosse piaciuto. Con tal decreto vennero esclusi i discendenti di Barnabò; e in quel giorno Giovanni Galeazzo Visconte, conte di Virtù, diventò sovrano di ventuna città, e sono Reggio, Parma, Piacenza, Cremona, Brescia, Lodi, Bergamo, Crema, Milano, Como, Vigevano, Pavia, Bobbio, Alessandria, Valenza, Novara, Tortona, Vercelli, Alba, Asti e Casale. Questo colpo, eseguito con tanto vigore, e preparato colla più cupa e simulata ipocrisia, conveniva in qualche modo farlo comparire onesto e suggerito dall’assoluta necessità; e a tal fine ordinò il conte che si formassero i processi contro di Barnabò. L’autore degli Annali Milanesi ce ne ha trasmesso l’epilogo. Le atrocità che ivi si leggono imputate a Barnabò, sono enormi; e dopo una sanguinosa enumerazione di esse, vedesi incolpato Barnabò d’avere tese insidie alla vita del nipote; d’essere uno stregone, che colle fattucchierie, avesse rese sterili le nozze del conte di Virtù; e che finalmente Gian Galeazzo fosse stato costretto a far prigionieri lo zio ed i cognati, perchè essi l’avevano in quel momento assalito a tradimento. Non saprei se sotto il governo di uomini di quell’indole vi fosse nelle magistrature