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dispiaciuto di dover dire. Il dialogo si trova nella Cronaca di Azario, e consiglio ai curiosi lettori di vederlo nel suo originale; perchè frammezzo a quella trascurata e rozza latinità, vi è certo lepore ingenuo, e una certa domestichezza di frasi che piacciono sommamente e dipingono il costume. Barnabò soggiornava parte dell’anno in Marignano; i contorni erano ancora pieni di boschi ed opportuni alla caccia, e questo era il motivo per cui Barnabò amava di trattenervisi. Egli a cavallo ben sovente si allontanava dalla comitiva, e s’innoltrava solo nel più interno de’ boschi. Un giorno fra gli altri aveva smarrita ogni traccia, nè sapeva più d’onde uscirne per ritornare al suo albergo. La stagione era assai fredda; l’ora avanzata, e rigido il verno. Per caso Barnabò s’avvide che taluno era in quel bosco. S’accostò, e riconobbe ch’era un povero contadino, assai lacero, che s’affaticava a tagliar legna. Ecco il dialogo che con lui tenne Barnabò: Il cielo t’aiuti, galantuomo. - Villano: Ne ho bisogno. Con questo freddo ho potuto far poco. L’estate è ita male. Potesse almeno andar meglio l’inverno! - Barnabò, scendendo dal suo cavallo affaticato: Amico, tu dici che la state è ita male; e come? L’annata è stata anzi felice; vi è stato abbondante raccolto di grano, vendemmia abbondante. E che t’è ito male? - Villano, mentre continua a tagliar la legna: Oh abbiamo di bel nuovo il diavolo per nostro padrone. Si sperava che allorquando venne scacciato il signor Bruzio Visconti, il diavolo fosse morto; ma ne è comparso un altro peggiore ancora. Costui ci cava il pane di bocca. Noi poveri Lodigiani lavoriamo come cani, e